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Anno 2009

Area giuridica > Sentenze


Cassazione Sezione 1 Civile - Sentenza del 27 febbraio 2009, n. 4816

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte, l'assegnazione della casa familiare prevista dall'articolo 155 c.c., comma 4, rispondendo all'esigenza di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui s'esprime e s'articola la vita familiare, e' consentita unicamente con riguardo a quell'immobile che abbia costituito il centro d'aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione d'ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità (Cass. 16 luglio 1992 n. 8667; 9 settembre 2002 n. 13065; 20 gennaio 2006 n. 1198). Di conseguenza, la decisione del giudice di merito, di respingere la domanda d'assegnazione della casa formulata dal coniuge affidatario della prole, e' adeguatamente motivata con l'accertamento che l'immobile in questione non e' mai stato adibito a casa familiare.

Cassazione Sezione 1 Civile - Sentenza del 26 febbraio 2009, n. 4648
Secondo quanto già ripetutamente affermato da questa Corte, l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente con figurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto (Cass. 28 febbraio 2007 n. 4764; Cass. 12 luglio 2007 n. 15611). Il tenore di vita precedente va desunto dall'ammontare complessivo dei redditi dei coniugi in costanza di matrimonio (Cass. 6 ottobre 2005 n. 19446; Cass. 16 luglio 2004 n. 13169; vedi anche Cass. 12 luglio 2007 n. 15610) e, una volta riconosciuta la sussistenza del diritto all'assegno, tutti gli altri criteri previsti dalla Legge n. 898 del 1970, articolo 5 - e cioè le condizioni dei coniugi le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio del coniuge e di quello comune, il reddito di entrambi, valutati unitariamente e anche in rapporto alla durata del matrimonio - sono destinati ad incidere unicamente ai fini della quantificazione dell'assegno stesso (Cass. 19 marzo 2003, n. 4040; Cass. 22 agosto 2006, n. 18241; Cass. 15611/07 cit.).

Cassazione Sezione 1 Civile - Sentenza del 4 febbraio 2009, n. 2707
L'articolo 156 c.c., attribuisce al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione il diritto di ottenere dall'altro un assegno di mantenimento, non gia soltanto se egli sia assolutamente indigente, bensì tutte le volte in cui non sia in grado di mantenere, durante la separazione, con le proprie potenzialita economiche, il tenore di vita che aveva in costanza di convivenza matrimoniale, sempre che questo corrispondesse alle potenzialita economiche complessive dei coniugi e vi sia fra loro una differente redditualita che giustifichi l'assegno con funzione riequilibratrice.Pertanto il giudice, al fine di stabilire se l'assegno sia dovuto, deve prioritariamente valutare il suddetto tenore di vita, e quindi stabilire se il coniuge richiedente sia in grado di mantenerlo in regime di separazione con i mezzi propri, essendo la mancanza di tali mezzi condizione necessaria per averne diritto (Cass. 4 aprile 1998, n. 3490; 14 agosto 1997, n. 7630; 27 giugno 1997, n. 5762; 27 febbraio 1995, n. 2223).Il tenore di vita matrimoniale deve, poi, essere accertato in via presuntiva, sulla base dei redditi complessivamente, goduti dai coniugi durante la convivenza matrimoniale, con particolare riferimento al momento della sua cessazione, tenendosi conto non solo dei redditi di lavoro di ciascun coniuge, ma anche dei redditi di ogni altro tipo, nonché delle utilita derivanti dai beni immobili di loro proprieta, ancorché improduttivi di reddito.

Cassazione Sezione 1 Civile - Sentenza del 6 febbraio 2009, n. 3005
L'atto con cui un coniuga, in regime di separazione dei beni, riconosce che il bene immobile, di cui e' esclusivo intestatario, e' stato pagato per la metà dall'altro coniuge, al quale si obbliga a trasferire la quota di spettanza a semplice richiesta, non costituisce una convenzione matrimoniale ai sensi dell'articolo 162 c.c., postulante il riferimento ad una generalità di beni, anche se di futura acquisizione, ma configura un negozio con propri presupposti e finalità, soggetto, per la forma, alla comune disciplina e, quindi, validamente stipulabile con scrittura privata, senza necessità della solennità dell'atto pubblico (cfr. Cass. Sez. 1 , 12 settembre 1997, n. 9034; Cass. Sez. 2 , 24 aprile 2007, n. 9863).

Cassazione Sezione 2 Civile - Sentenza del 2 febbraio 2009 n. 2569
L´aumento di partecipazione al capitale di società effettuato da uno solo dei coniugi in costanza di matrimonio costituisce oggetto della comunione legale, rientrando tra gli acquisti ai sensi dell´art. 177 lettera a) cod. civ. Ne consegue l´inclusione nella divisione una volta cessata l´efficacia del regime patrimoniale legale coniugale.

Cassazione Sezione 2 Civile - Sentenza del 2 febbraio 2009, n. 2569
L'iniziale partecipazione di uno dei coniugi ad una società di persone ed i suoi successivi aumenti, ferma la distinzione tra la loro titolarità e la legittimazione all'esercizio dei diritti nei confronti della società che essi attribuiscono al socio, rientrano conseguentemente tra gli acquisti che, a norma dall'articolo 177 c.c., lettera a), costituiscono oggetto della comunione legale tra i coniugi anche se effettuati durante il matrimonio ad opera di uno solo di essi, e non beni personali, ove non ricorra una delle ipotesi previste dall'articolo 179 c.c..

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